di mirko santoro il 07/06/2012, 3:33
Pur usando la musica come referente discreto e “nascosto, lavorando sull’immaginario, o al massimo sui coordinamenti somatopsichici che la musica latente induce, possiamo fornire al paziente nuovi nessi associativi in grado di stimolarlo o di rilassarlo, di distrarlo o di ricoordinarlo, aderendo ai ritmi della musica, ove egli non sia in grado di essere protagonista delle sue armonie psicocorporee. Il paziente, in tal caso, ha bisogno di un “input” ausiliario direttivo, da parte del terapeuta.
Oltre alla musica, usiamo anche l’analisi immaginativa che, con i suoi risvolti interattivi, psicodinamici, associativi, o simbolici, interviene rinforzando l’Io, permettendo all’Io corporeo di far nascere una nuova coscienza somatica. Dove questa manca, l’utilizzo della musica permette le associazioni, i coordinamenti, le percezioni e le espressività a cui di solito non si accede.
Questo intervento direttivo di psicoterapia ha caratteristiche che sono intermedie tra la Musicoterapia, la Psicoterapia ad approccio corporeo e la Psicoterapia direttiva, anche se differisce da esse perché, sia pur a livello prevalentemente somatico, nel paziente viene a formarsi un’identità ed una solidità dell’Io prima inesistente, partendo tuttavia dall’Io corporeo.
L’immaginario con le sue funzioni rappresentative, permette alla persona di interloquire con sé stesso, con gli altri e con la natura.
L’immaginario agisce sui contenuti ansiogeni, in quanto questi, sono parte integrante di una conflittualità inconscia e sociale, che si manifesta attraverso “elementi” corporei non digeribili
L’immaginario plasma le idee, sia nella dimensione cognitiva che in quella affettiva, inducendo una prima comprensione dei costituenti della personalità che irrompono nella coscienza attraverso il sintomo ansiogeno.
Sollecitando l’immaginario per agire sul corpo e sull’ansia, si cerca di offrire al paziente il coraggio di manifestare pensieri ed emozioni ;
mantenere l'integrità corporea permettendo la riorganizzazione corporea,
utilizzare l'aggressività senza averne paura, canalizzandola verso obiettivi più maturi.
La persona soggetta al sentimento della timidezza non riesce a guardare negli occhi il proprio interlocutore: tenta di comunicare e nello stesso tempo sfugge ad ogni tipo di comunicazione.
Tensione e irrequietezza vengono trattenuti attraverso la vergogna, o la timidezza, senza trovare una via di sfogo. L’inibizione determinerà un atteggiamento di goffaggine fisica, imbarazzo, azioni motorie incoordinate, perdita del senso di realtà, difficoltà di pensare, mutismo e linguaggio balbettato.
Queste reazioni inibenti possono far la loro comparsa in determinate situazioni e con determinate persone. L’opera di censura attraverso il sentimento della vergogna, diventa una difesa contro conflitti affettivi vissuti nel passato, che ritornano sotto diverse spoglie.
La timidezza è anche un modo per mantenere una distanza rigida nei rapporti sociali, mediante la quale si evita una relazione spontanea e calorosa. Gli affetti sono trattenuti e la comunicazione s’irrigidisce in forme schematiche dove si cerca la fuga dalla situazione da affrontare.
La persona soggetta alla timidezza teme di proporsi nel suo Vero Sé: è come se si difendesse dall’esprimere i propri talenti, le proprie qualità, le vere intenzioni, la propria progettualità e in ultimo, paradossalmente, teme il raggiungimento del successo.
La “vergogna di se stessi” è strettamente correlata a sensi di colpa per desideri, o sentimenti aggressivi, che si tenta di nascondere nella comunicazione con l’altro.
La vergogna è un meccanismo difensivo contro desideri esibizionistici, o contro il desiderio del "mettersi in mostra".
La timidezza oltre ad essere “bloccante” nei rapporti sociali, potrebbe danneggiare altri spazi “da prestazione”come esami, colloqui lavorativi, interrogazioni, semplici richieste ecc.., che inficiando la libera elaborazione del pensiero, automaticamente si presenta un’immagine del Sé povera e poco creativa.
Quando il timore degli altri , o il senso d’inadeguatezza, hanno sopravvento, l’incoordinazione prevale. Emergono pertanto manifestazioni del corpo che, con una loro autoctonia (espressività funzionale slegata dal coordinamento generale), dimostrano lo scollamento del “soma” dall’emozione.
In una situazione di timidezza, quando l’ansia emerge, la sudorazione, la frequenza cardiaca o respiratoria, il timbro di voce, ecc., diventano incontrollabili. e il “filo” del discorso potrebbe spezzarsi: questo inconveniente é l’espressione di un problema comunicazionale.
Nel caso di poca autostima, il timore di non riuscire ad esprimersi diventa una “spina” condizionante incisiva. La paura instaura un “circolo vizioso”, tale da imporre un comportamento autolesivo di passività.
Quando l’ansia colpisce il linguaggio, le facoltà comunicazionali sono inibite in ambienti nuovi e collettivi, con una conseguente regressione dell’Io.
Nei bambini l’angoscia può essere consistente, raggiungendo il livello della pseudo-insufficienza mentale, quando in realtà non sono presenti disturbi dell’apprendimento.
Inoltre quando il timore di “fare brutta figura” é superiore alla capacità di “tollerare la frustrazione” per una situazione “pericolosa” da affrontare , si preferisce fare la figura degli idioti, piuttosto che proporre un’immagine ideale e propositiva.
La timidezza compare soprattutto nella fase di corteggiamento e di selezione del partner; in questi casi potrebbero emergere svariati problemi quando la persona non si sente sufficientemente equipaggiata nell’avventurarsi in un rischio, dove un ipotetico fallimento potrebbe minare l’integrità dell’Io.
Il blocco dell’iniziativa nella conoscenza di un partner può essere determinato da:
- Riedizione della paura infantile di ritrovare altre frustrazioni come risposta alle proprie richieste affettive.
- Desiderio di conquista onnipotente, dove l’altro assume il significato di trofeo. Tale desiderio è in realtà una difesa contro sentimenti d’impotenza e d’inadeguatezza.
La spontaneità, e il contatto con la realtà emotiva dell’altro (empatia) vengono a mancare quando vi è il desiderio di presentare un’immagine falsata del proprio Sé. Il disagio potrà manifestarsi attraverso la passività, che diventa l’espressione dell’irrefrenabile desiderio di nascondere a tutti i costi "parti inadeguate" del Sè.
Timidezza e disagio si presentano maggiormente nella relazione con un’autorità. Reazioni incontrollabili si verificano quando la persona è soggetta a sentimenti di eccessiva dipendenza, sottomettendosi passivamente, o temendo in modo persecutorio ogni reazione da parte dell’autorità.
Psicodinamica della timidezza:
dal corpo alla parola con una comunicazione efficace.
Da un punto di vista corporeo è impossibile non comunicare, perché anche il silenzio segnala ad esempio l’oppositività, o altri significati desumibili dal comportamento timoroso, che tende sempre ad influenzare il comportamento altrui. Nel linguaggio corporeo