Gen 11
Prof. non è così che mi aiuti!
Un racconto di Enzo Galazzo tratto dall’esperienza vera di una ragazza calabrese fa luce sul dialogo interno dell’alunno balbuziente.
“Ma non sai leggere! Che vieni a fare a scuola? Leggi bene… altrimenti non sei adatta a frequentare questa scuola! Tantomeno la mia classe!”
Erano trascorsi molti giorni da quelle parole, ma Francesca (la chiameremo così) non riusciva a dileguarle dalla sua mente. Quel professore, da lei tanto stimato, le aveva pronunciate crudelmente, sembrava quasi la stesse aspettando, quel giorno, solo per farla leggere, e poter così farla inceppare nel parlare per liberare quella frase che da tempo si era preparato.
Solo il suono della campana che annunciava la ricreazione aveva avuto il potere di interrompere quel soliloquio sulla sua capacità o meno di parlare.
Francesca avrebbe voluto ribattere al suo professore, avrebbe voluto dirgli che lei anche se a volte non balbetta, ha ugualmente un problema di balbuzie… nessun balbuziente balbetta sempre, la balbuzie è ciclica.
“Caro professore”, avrebbe voluto dirgli, “L’inceppo è solo la parte che si vede della balbuzie, ma il vero problema che alimenta e sostiene la balbuzie è quello che non si vede. E’ il silenzio la forma più grave di balbuzie.”
L’aveva immaginata e ripetuta mille volte quella risposta, ma adesso, il suono di ciò che avrebbe voluto dirgli, si confondeva con il rumore cittadino di quel giorno di vacanza. E cercava una risposta.
“Ci pensi bene, professore, se le capitasse davanti una persona che non parla molto e quel poco che dice lo dice anche velocemente, lei la identificherebbe come balbuziente? Io dico di no…”
Quanto avrebbe voluto dirglielo…
E quanta ragione aveva Francesca! Molti balbuzienti, infatti, riescono a fingere di essere normoloquenti nella maggior parte dei casi. Voi direste che se chi balbetta è balbuziente, è anche vero che chi non balbetta non è balbuziente. Quest’ultima affermazione non è sempre vera!
“Perché questo mio stimatissimo professore di biologia”, continuava a chiedersi Francesca, “sembra infastidirsi della mia balbuzie e mi mette così a disagio?”
Adesso, per paura di quel disagio, Francesca si rifiuta di leggere in classe ed evita le interrogazioni, anche se è preparatissima. Buon per lei che è una ragazza molto simpatica e aperta e anche se ha questo problema è molto socievole. Ha 16 anni, e molte volte neanche fa caso al fatto che balbetta. Fin ora non era mai capitato che qualcuno la prendesse in giro.
La spiegazione di quel gesto l’ha trovata tra se e se: quel professore di biologia aveva paura del problema balbuzie, come si ha paura di tutto ciò che non si conosce.
L’unico modo in cui per lui andava affrontato quel problema era prendere di petto la persona, scuoterla, far si che si rendesse conto della sua balbuzie e che corresse ai ripari. Subito. Non è stata completamente colpa sua, ma del suo modo sbagliato di affrontare il problema. Non era stato preparato a questo.
Adesso, a distanza di giorni e giorni, Francesca lo ha capito: quella è stata la svolta che le ha schiuso le porte per affrontare la sua piccola balbuzie. Ma non esiste solo Francesca.
Come Francesca c’è Pietro, c’è Gianni, c’è Matteo, c’è Tiziana… e magari non tutti reagirebbero come ha reagito lei. Non tutti, dopo essere stati trattati in quel modo, avrebbero il coraggio di rimboccarsi le maniche e affrontare a viso aperto il problema. Si vuole rischiare di tarpare le ali a ragazzi che chiedono solo di spiccare il volo?
Mio caro professore, nobile è stato il tuo intento con quel rimprovero… brusco, invece, insensibile e fuori luogo il modo in cui lo hai attuato.
Francesca, forse, un giorno ti ringrazierà… ma non adesso!
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