Tra rughe e capelli bianchi la balbuzie si modifica e assume forme variabili.
Si parla spesso della balbuzie infantile ma nessuno parla mai di chi, ad una veneranda età, si trova ancora alle prese con questo ostico problema. Dunque la balbuzie, in molti casi, accompagna una intera vita e subisce le trasformazioni in simbiosi con il balbuziente. All’età infantile è associata una balbuzie cosiddetta primaria, caratterizzata dalla riconoscibile ripetizione di suoni ma, normalmente, priva di condizionamenti comportamentali o ansia anticipatoria. E’ in età adolescenziale che l’ingresso a scuola media, espone di solito il ragazzo balbuziente al giudizio ironico e superficiale di chi non conosce il problema e spinge quindi una personalità già in un turbine di cambiamenti verso la chiusura e la perdita di spontaneità. Successivamente arriva l’età dell’università che spinge lo studente ad affrontare nuove sfide e a fare i conti con le proprie insufficienti abilità. Per qualcuno è il momento in cui, se non già successo prima si cerca rimedio all’ormai insostenibile problema. Avanzando con l’età, si giunge fino a chi, ormai anziano, si è scontrato con una società che ha ignorato il problema ed ha quindi fatto tutto da se. Molto spesso la difficoltà assume forme meno evidenti dal punto di vista del suono ma, ciò che scompare nell’evidenza, va ad intaccare la libertà di agire. Ma appunto da anziani, come si vive la balbuzie? Uno studio recente svolto all’università di Sidney ha analizzato i comportamenti di chi balbetta ad una età media di 70 anni. Si è visto che anche a queste età persiste tutta la gamma dei comportamenti condizionati presenti negli adulti di età inferiore. Sembra come se la balbuzie ad una certa età si fonde con la persona e si mimetizza nella personalità.
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